Anno 2015
Una mattina telefono a Franco Cerilli per la pagina Bar Sport.
Ne nasce un pezzo che non uscirà mai.
Perso fra i meandri di qualche computer per anni.
Poi all'improvviso riappare come per magia.
Grazie a Franco Cerilli per avermi concesso di riproporla anche se è passato del tempo.
"Pronto Franco? Sono della pagina Bar Sport”.
“Richiamami fra due minuti che sto pagando la spesa alla cassa”.
Nasce cosi fra le casse di un supermercato, la mia intervista a Franco Cerilli, ex calciatore professionista anni 70 e 80.
Lo richiamo. La sua cadenza veneta me lo rende subito simpatico e cordiale.
Gli spiego a grandi linee gli obiettivi che ci siamo posti con la pagina Bar Sport e lui forse capendo di non essere di fronte alla solita intervista a cui ha fatto fronte durante la sua carriera, si apre ai ricordi in maniera completa e competente.
Ne nasce un monologo di una quindicina di minuti, io lo lascio parlare a briglia sciolta, ho giusto il tempo di intervenire nel fare qualche domanda.
A posteriori posso dire che rimarrà una delle esperienze personali più gratificanti da quando abbiamo aperto la pagina, perché sentirsi raccontare da un diretto interessato alcune storie e parlato di alcuni personaggi che abbiamo cercato di proporre è stata un’emozione non da poco.
“La nostra pagina racconta di calcio nostalgico. Vogliamo far riscoprire ai più giovani certi calciatori e situazioni che fanno parte della storia del calcio, per intenderci a noi di Balotelli, Cristiano Ronaldo e Messi frega poco. Parto da qua. Se pensi ad un calciatore moderno provi più invidia, magari pensando agli ingaggi stratosferici o è maggiore l’orgoglio per aver fatto parte di un calcio che non c’è piu?”
“La parola invidia non fa parte del mio vocabolario. Posso dire di essere un privilegiato per aver fatto un lavoro, se così si può definire, che mi ha gratificato e regalato bellissime sensazioni e ricordi. In tanti in questi anni mi hanno chiesto se quel calcio fosse migliore di quello attuale e in sincerità non so rispondere. Sicuramente è cambiato ma non so dire se fosse migliore o peggiore. Posso affermare che è cambiato il modo di approcciarsi al calcio, vedo troppi giocatori che vivono una realtà parallela a quella attuale e che in alcuni casi rifiutano un autografo a dei tifosi che li osannano. E’ cambiato il modo di far avvicinare i bimbi al calcio. Non si vedono più uscire ragazzini dai rioni, dai campetti o dagli oratori, vengono mandati subito nelle scuole calcio, il che li rende un po’ tutti uguali. Troppo tatticismo, troppi paroloni, i contropiedi oggi si chiamano ripartenze. Manca la fantasia e per uno come me che giocava molto d’istinto è una cosa triste. In definitiva il calcio attuale ad alti livelli non mi piace”
“Raccontaci della tua carriera”
“A sedici anni vado a giocare alla Massese in serie C dove riesco a mettermi in mostra come uno dei talenti emergenti. Dopo 3 anni l’Inter decide di puntare di me e a 19 anni mi ritrovo a San Siro con la maglia neroazzurra.”
“Arrivi a Milano con l’appellativo di nuovo Corso. Ti è pesata questa cosa?”
“Sinceramente non mi è mai importato molto. Ho sempre pensato a divertirmi in campo e far divertire la gente sugli spalti. Non mi è mai pesata la maglia, ero giovane e cercavo di togliermi le soddisfazioni senza troppe ansie. Anche in seguito perso il treno delle grandi squadre non mi sono perso d’animo e anche in provincia ho fatto emergere le mie qualità. E poi se vogliamo dirla tutta io ero un Sivoriano, impazzivo per Omar e giocavo coi calzettoni abbassati nel tentativo di imitarlo. All’Inter ho collezionato una ventina di presenze in due stagioni e anche per motivi che potrebbero annoiarti, ho perso questa occasione e l’anno dopo sono sbarcato a Vicenza”
“Qual’era il segreto di quel Real Vicenza?”
“Sono stati anni splendidi, in attacco avevamo un fenomeno come Paolo Rossi che in 3 anni ha fatto una sessantina di gol, molti dei quali portarono anche il mio contributo. E poi giocatori come Carrera in difesa, Salvi e Guidetti a centrocampo e l’inarrestabile Roberto Filippi. Arrivammo secondi dietro la Juve in una favola calcistica italiana difficilmente ripetibile ai giorni d’oggi. In panchina avevamo un grande allenatore come Giovan Battista Fabbri. Lui sapeva come prenderci individualmente, perché come dice Fabio Capello ci sono tanti bravissimi allenatori ad alti livelli ma la vera differenza è la gestione dello spogliatoio. Fabbri era un gran psicologo del gruppo e i risultati poi sono arrivati. Dopo Vicenza sono stato a Pescara e poi a Padova dove rimasi due stagioni. Li mi accolsero alla grande facendomi sentire uno di loro. Ancora oggi nei corridoi del vecchio Appiani fra le fotografie dei grandi giocatori della storia del Padova c’è anche la mia ed è una cosa che mi enormemente piacere. I giocatori che affermano che le gratificazioni personali non contano più di tanto dicono una bugia. Io sono molto orgoglioso di questo”
“Qual è stato il miglior giocatore con cui hai giocato?”
“Ho giocato con due palloni d’oro (Rossi e Baggio), con Boninsegna, Facchetti, Mazzola quindi mi vien difficile dire chi sia il migliore. Potrei dirti il migliore nel proprio ruolo ma son gusti personali. Ho imparato molto da tutti questi campioni. Sono stato il capitano di Roberto Baggio nell’ultima mia parentesi a Vicenza a fine carriera. Posso dire con orgoglio di aver avuto il privilegio di aver giocato con lui”
“E il più rognoso?”
“Un vero rompipalle in campo era Salvatore Bagni, ma anche il mio compagno di squadra Boninsegna. In campo picchiava, ne diceva di ogni, litigava con tutti, poi tolti gli scarpini si trasformava nella fantastica persona che tutti conosciamo”
“Hai collezionato alcune presenze con la nazionale di serie C da giovane, agli ordini di un certo Bearzot. Che ricordo hai di lui?”
“Già dai primi approcci mi colpì la sua serietà ma allora non era ancora il Bearzot di Spagna 1982. Ho avuto la fortuna di incontrarlo in seguito durante la Coppa Pelè in Brasile a cui partecipai anche io. Si trattava di un Mundialito per gli over 35 ed era quasi un torneo di esibizione. Mi ricordo il rispetto che gli portavano i campioni del Mondo. Tutti a chiedere il permesso anche per uscire la sera o passare qualche ora da turista nonostante il torneo fosse quasi amatoriale. Una persona che si era guadagnata la stima di tutti e portava rispetto a tutti, in definitiva un signore del nostro calcio, una bella persona”
“Ti occupi ancora di calcio atttualmente?”
“Ho allenato per diversi anni e alleno tutt’ora nei settori giovanili e in categorie minori intorno a casa. Mi diverto, il richiamo dell’erba è ancora magico. Ma non quella sintetica attuale, quella vera di quando giocavo abbassandomi i calzettoni cercando di imitare Omar Sivori”
DP
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